Con la sentenza 23669 del 6 novembre 2014 la Corte di Cassazione fa più chiarezza sui licenziamenti disciplinari, rendendo la propria interpretazione dell’art. 18, comma 4, della Legge 300/70, in merito al rilievo da attribuire all’inciso sull’insussistenza del fatto contestato, affermando che va verificata la ricorrenza delle condotte inadempienti operando una netta distinzione tra l’esistenza del fatto materiale e la sua qualificazione giuridica.
La cassazione ha spiegato quanto al licenziamento di natura disciplinare si sostanzia in due regimi differenziati di tutela: quello della reintegrazione in servizio del lavoratore illegittimamente licenziato, che si applica nel caso in cui il giudice accerti l’insussistenza del fatto contestato, e quello del riconoscimento di un indennizzo risarcitorio tra 12 e 24 mensilità, che si applica in tutte le altre ipotesi in cui emerga in giudizio che non ricorrono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo.
Questa interpretazione ribalta un precedente orientamento, nel quale per insussistenza del fatto contestato si è inteso il fatto nella sua dimensione giuridica, comprensivo non solo della sua componete oggettiva, ma anche della sua dimensione soggettiva.
Attraverso la sentenza del 06/11/2014 si afferma che il nuovo comma 4 si riferisce al fato oggetto di contestazione nella sua dimensione storica e materiale, ribadendo che occorre tenere distinte e separate l’esistenza del fatto materiale dalla sua qualificazione in termini giuridici. Si ha reintegrazione solo nel caso in cui il fatto materiale posto a fondamento del licenziamento sia risultato inesistente.
Distinzione tra sussistenza del fatto e la sua qualificazione con il nuovo art.18
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