Un approccio innovativo alla gestione della crisi e delle ristrutturazioni aziendali che si basa sul mix formazione – in previsione della ricollocazione dei lavoratori – e sussidi più robusti. Gli obiettivi di tale approccio sono due: 1. ridurre il numero di licenziamenti e 2. costruire un moderno ed efficace sistema di outplacement, con il coinvolgimento attivo delle imprese e del sindacato, valorizzando anche la contrattazione.
Quanto sopra illustrato è il cuore pulsante del pacchetto di proposte – inoltrate dal Governo – in materia di gestione della transizione al nuovo sistema di politiche attive e delle crisi aziendali, complesse e non, che sono state messe appunto da: Vincenzo Boccia – presidente Confindustria, Maurizio Stirpe – vice presidente per il Lavoro e le relazioni industriali e dai leader di Cgil, Cisl e Uil: Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
Le parti sociali coinvolte, spiegano all’unisono che il Jobs Act, le nuove regole sulle pensioni e la fine, da gennaio, di mobilità e cassa integrazione in deroga, hanno ridisegnato gli strumenti di politica passiva; e nei fatti, imposto la ricerca di percorsi innovativi per affrontare le difficoltà, anticipando il confronto sindacale.
Da questo punto si è scelto di individuare le soluzioni specifiche da adottare, nella loro interezza, sia nelle imprese interessate dalla Cassa integrazioni straordinaria (la Cigs, che si utilizza per difficoltà strutturali) sia nelle aziende che operano in aree di crisi industriale complessa e non complessa, laddove vi siano concrete possibilità di rilancio delle attività produttive (o meglio quando si è in presenza di un processo di riconversione e riqualificazione in atto).
Il punto di partenza è la stipula di un accordo sindacale, con cui si disciplina il ricorso alla Cigs in un’azienda in cui si debba predisporre un piano di gestione degli esuberi. Nell’accordo le parti sociali possono condividere un “piano operativo di ricollocazione” che mira a favorire la formazione e la ricollocazione dei soggetti interessati, già durante il periodo di fruizione della cassa integrazione straordinaria. Con l’accordo (o con una successiva intesa) le parti possono anche convenire che il “piano operativo di ricollocazione” possa prevedere i contenuti di “un’offerta conciliativa” sulla falsariga di quella prevista dal Jobs Act per il contratto a tutele crescenti fino alla risoluzione consensuale del rapporto di impiego. In tal modo si anticipano i percorsi di formazione e riqualificazione utili alla ricollocazione. Per quanto riguarda inoltre gli interventi formativi essenziali ai fini della ricollocazione , le parti potranno prevedere di derogare al vincolo attualmente previsto relativo alla misura massima di fruizione della Cigs per l’intera durata del programma. Per le attività di formazione e di outplacement è prevista la possibilità di operare attraverso fondi interprofessionali.
Al di là delle misure sopra citate, nelle imprese che hanno attivato un piano industriale di ristrutturazioni e di salvaguardia occupazionale e che operano in aree di crisi industriale complessa e non complessa, le parti sociali premono, poi, per alcuni correttivi alla disciplina degli ammortizzatori sociali: nello specifico si chiede di poter derogare al tetto dei 24 mesi di fruizione dei sussidi in considerazione, anche, della complessità e dei tempi che caratterizzano queste complesse operazioni societarie.
In conclusione, il contributo di mobilità (lo 0,30%), che terminerà definitivamente a decorrere dal 2017, Confindustria e sindacati propongono di coinvolgere i fondi interprofessionali, per permettergli di poter ricevere e accantonare comunque questo contributo e destinarlo alla formazione o all’integrazione dell’assegno di ricoloccazione o della Naspi.