Il Governo ha l’obiettivo, in tema di riforma pensioni, di inserire un pacchetto di misure nella futura Legge di Stabilità se, nel mese di settembre, ci sarà un accordo fra le parti sociali.
Fra i profili sotto analisi:
- la flessibilità in uscita;
- le ricongiunzioni onerose;
- il riscatto della laurea;
- i lavoratori usuranti;
- il rallentamento dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita per certe categorie di lavoratori;
- intervento sulle pensioni minime.
Un focus importante è poi esplicitata dalla volontà di rilanciare la previdenza complementare sempre più fondamentale strumento di diversificazione del rischio previdenziale.
La riforma pensioni, come si evince, continua ad essere di interesse per il Governo e per i Sindacati, che proseguono con il confronto tecnico nel mese di Luglio per tornare ad un “tagliando” politico tra fine luglio e inizio agosto. Quanto emerso è stato riferito da Tommaso Nannicini – sottosegretario alla presidenza del Consiglio – durante un incontro recente in cui è stato sottolineato come il confronto sulle pensioni stia proseguendo positivamente in un clima di scambio proficuo.
Lo stesso Ministro Poletti, ha chiarito che l’obiettivo sarà quello di inserire un pacchetto di misure in campo previdenziale nella futura Legge di Stabilità previo raggiungimento a Settembre di un accordo, comune il più possibile, fra le parti sociali. Tito Boeri – Presidente INPS – si augura che nell’ambito di un audizione al Senato ha sottolineato la necessità che l’intervento sia definitivo e non, come avvenuto nel passato, un insieme di misure estemporanee e parziali.
>FLESSIBILITÀ IN USCITA:
Uno dei punti di forza di tutto l’impianto che si sta andando a costruire è riferito alla flessibilità in uscita, con il focus di favorire l’accesso anticipato alla pensione, cercando di smussare i “paletti” della riforma Fornero anche in previsione di aiutare i giovani nella ricerca di un lavoro – da intendersi come una ripresa stabile dell’occupazione giovanile.
In materia di età pensionabile è proficuo portare alla luce uno studio del Servizio Politiche Previdenziali della Uil che evidenzia come il nostro paese abbia l’età di accesso alla pensione più elevata in Europa:
> Uomini: 66 anni e 7 mesi sia nel pubblico che nel privato;
> Donne: 66 anni e 7 mesi nel pubblico e 65 e 7 mesi nel privato.
L’unico paese che attualmente ci scavalca, in materia di età pensionabile, è la Grecia in cui il requisito anagrafico è di 67 anni (seppur sia suscettibile di numerose deroghe attualmente in vigore che possono abbassare l’età pensionabile fino a 55 anni per gli uomini e 50 per le donne. Il paese con l’età più bassa richiesta è la Svezia dove dai 61 anni il lavoratore può decidere di accedere alla pensione.
In tutti i paesi UE – di media – gli uomini vanno in pensione a 64 anni e 4 mesi e le donne a 63 e 4 mesi il che significa che in Italia andiamo in pensione 2 anni dopo il resto dei cittadini europei; dato che è segnato ad aumentare visto che i requisiti anagrafici per poter accedere alla pensione sono legati all’aspettativa di vita e vengono aggiornati continuamente. Se paragoniamo questo dato anagrafico con i paesi non europei – si evidenzia che in Italia siano richiesti circa 3 anni in più di anzianità per gli uomini e 4 per le donne per poter essere in età pensionabile.
> Il 1° numero della nuova collana WorkINPS Papers “A clash of generations? Increase in Retirement Age and Labor Demand for Youth” si occupa di studiare gli effetti sulle assunzioni di giovani della Legge 214 del 2011; la ricerca prende forma dai dati INPS sulle dichiarazioni contributive delle aziende che hanno evidenziato come dal 2010 ci siano 800.000 occupati in meno fra chi ha meno di 30 anni e 800.000 occupati in più tra chi ha più di 55 anni.
Il tasso di occupazione viene evidenziato come sia quasi uguale fra gli under 30 e gli over 55 se paragonato a prima della crisi; attualmente è al 45 per cento fra chi ha più di 55 anni e al 12 per chi ne ha meno di 30. La crisi dell’area Euro ha portato alla riduzione di quasi un terzo dell’occupazione giovanile, facendoci superare la soglia del 40% nel tasso di disoccupazione fra i giovani. Tale disoccupazione era prevedibile visto le evidenti differenti fra i contratti dei giovani – temporanei e facilmente interrompibili dal datore di lavoro senza oneri – e i lavoratori anziani – soggetti a regimi di protezione dell’impiego molto stringenti.
Nonostante questo forte dualismo, non sono da ricondurre tutte alle tipologie contrattuali le cause dell’inoccupazione dei più giovani; il Paper sostiene come, nel periodo breve, i regimi contrattuali “rigidi” dei lavoratori più anziani, siano però fortemente debilitanti nei confronti di quelli più giovani.
Questo comporta che bisognerebbe essere cauti nell’innalzare l’età pensionabile – o procedere in modo graduale – al fine di evitare duri effetti sul mercato del lavoro dei giovani. Uno strumento che consente una flessibilità superiore è l’APE, l’anticipo pensionistico fino a 3 anni di distanza del pensionamento, strutturato come forma di prestito previdenziale “selettivo” in ragione dei percettori (chi volontariamente accede al pensionamento, chi perde il lavoro, chi rientra in un piano di ristrutturazione aziendale). Andranno poi di conseguenza calibrati i costi finanziari, le agevolazioni fiscali con il meccanismo delle detrazioni, le protezioni assicurative e saranno poi da sistemare anche il rapporto fra APE e previdenza complementare con la possibilità di introdurre la RITA (rendita integrativa temporanea anticipata).
PREVIDENZA OBBLIGATORIA: ALTRI INTERVENTI
Sono presenti poi tutta un’altra serie di misure allo studio; come il tema delle ricongiunzioni gratuite al fine di favorire l’uscita anticipata di lavoratori che abbiano percorsi contributivi molto differenziati. Un approfondimento è anche la possibilità di “restilizzare” il riscatto laurea in ottica di una superiore flessibilità di fruizione per poterlo modellare sulla base delle esigenze soggettive individuali.
IL RILANCIO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Resta molto importante la volontà di rilanciare la previdenza complementare che è sempre più un principale strumento di diversificazione del rischio previdenziale. Al centro del controllo è la possibilità di vedere nuovamente, in senso migliorativo, le agevolazioni fiscali insieme all’irrobustimento dei meccanismi di governance in ambito di “salto del paradigma” del nostro sistema di previdenza complementare auspicato dalla Covip.